Anime di Pietra Opere di Maria Teresa Sabatiello
Maria Teresa Sabatiello - Mario Micozzi. Co-stretti

“Co-stretti” di Mario Micozzi

“Le nuove opere di Sabatiello, di cui già a suo tempo ci siamo occupati, ancora una volta mostrano un forte
impatto visivo sul fruitore, producono in lui uno sconcertante senso di partecipazione al moto costruttivamente involutorio fisiopatologico e interiore da cui i protagonisti sono avvinti, scolpiti-dipinti sulla pietra marna, con mano felice, nell’obbedienza e disobbedienza di un appartenersi, di essere come “Costretti” da se stessi o da forze sensorialmente autostimolanti ad essere insieme o a non esserlo più e infine per tornare ad essere un’unica cosa in anima e corpo in una specie di “relazione commutativa” di opposti versanti con il duplice coinvolgimento materico e cromaticamente pastoso passionale delle braccia e delle mani volutamente contorte, curvilinee.

Infatti in una prima fase di questo rapporto compositivo bifrontale, si avverte il senso di una sottomissione dell’uno all’altro dei partners all’ingerenza del desiderio morboso che li ha come ghermiti, irretiti, li ha immersi e sommersi nella forza d’urto di un’accettata e incontrollata, irrazionale violenza reciproca obbligante in un aperto o sotterraneo richiamo come ad un gioco delle parti ad armi pari, d’amore e di sesso insieme. Coercizzati, i partners, dalla memoria del passato che ritorna e che è stato già presente, a fare ciò che hanno sempre fatto.

Gioiosi, ma insieme anche angosciati da una ripetizione di gesti e di atti divenuti forse abitudinari che comunque intensamente temono possano con il tempo non avvenire più, non avere più una ragione d’essere, né luogo, lo stesso o un altro dove ritrovarsi.
Cosa che irreparabilmente accade nella seconda fase dello sviluppo discorsivo-metaforico dell’artista, ed esattamente nell’assenza del rapporto. Che vede lei, la donna, come un’Eva non più edenica, ma terrena privata dolorosamente di ciò che paventava. E cioè la fine di ciò che è stato sena una continuazione nel tempo a venire, senza una nuova riappartenenza di lei all’altro da sé, angelo o demone.

Lasciata lì dove è avvenuto l’ultimo vigoroso accoppiamento, nella difformità informale di esso. Sola con se stessa, costrittivamente arresa all’evidenza. Nascosta in sé, la testa bionda tra le mani, a soffocare forse il pianto, discinta o nella semisvestitura rossocarne a cingere il nulla con mani forti, con mani d’aria che di sé e dell’altro fuori scena rimane.

Nell’aria irrespirabile del dissidiosubentrato, della coartazione lacerante della rottura di ciò che costituiva naturalmente un’unità fisiopsichica, inestricabile di un abbrancamento. Anche se, infine e tuttavia sulle prime con un vuoto senso di riapprodo alle origini capendo l’importanza, lui e lei di essersi perduti, ma anche, poi, di un ritorno di fiamma che bruci le scorie di una forzosa tregua insostenibile.”

Mario Micozzi

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