Anime di Pietra Opere di Maria Teresa Sabatiello

“All’origine del cambiamento” di Maria Palladino

L’arte di Maria Teresa Sabatiello nasce dalla facoltà di saper osservare, attitudine che rivela una profondità di visione e di pensiero la quale permea di sé gli oggetti e li trasforma trasfondendogli respiro e vita: da corpi immobili e statici ad entità dinamiche, fluide, sensoriali, calde, quasi vulnerabili, perché proiettata e instillata in esse è la sua sensibilità di donna e la sua abilità di artista.
Saper vedere e quindi riconoscere e portar fuori l'”essenza vitale“, com’è il titolo stesso di una delle sue opere, dalla pietra vulcanica erosa dal mare, vuol dire compiere un’operazione di recupero e valorizzazione non invasiva di un materiale semplice, reso prezioso attraverso il colore e innalzato in tal modo ad opera d’arte, ciò nel pieno rispetto della natura, senza aggiungere altro alla sua spontanea, perpetua e progressiva azione modificatrice.
Maria Teresa Sabatiello sovverte i canoni della scultura tradizionale modificandone le premesse, sapendo adattare il suo sguardo a quanto gli elementi hanno già forgiato tramite la loro incessante attività di trasformazione e commutazione e in questo – portando in luce la qualità visionaria dell’artista, da “ladra d’immagini” quale si definisce – riesce a “leggere” la pietra manifestandone la storia, sedimentata e celata nelle stratificazioni che la compongono.
Sono “poesie marine”, simili ad un alfabeto braille inciso sul supporto litico, che viene recuperato e salvato dall’anonimato e dalla consunzione degli anni e “decodificato” da quella puntina invisibile che è l’intuizione dell’autrice, per mezzo di cui ella conferisce identità e voce, in senso concreto, a tali filiazioni generate in condivisione fra l’uomo e il mare.
Ne originano concentrazioni espressive ed emozionali che sono nodi, viluppi e al contempo “grembi” gravidi di simboli e spunti di riflessione: emergono corpi e volti, perlopiù femminili, mentre l’essere umano maschile è spesso presente sotto forma di membra recise o celanti la parte restante della figura: un braccio che afferra, una maschera, un occhio, parti per il tutto, componenti incisive e funzionali alla compiutezza del contenuto, essenziali per estrapolarne la narrazione.
Vediamo serpenti sgusciare attraverso sacchi strappati, insinuarsi misteriosamente fra i riccioli di un’acconciatura, aggrovigliarsi per scambiarsi la pelle o per rivelare nel cromatismo brillante e fortemente lumeggiato delle squame la differente sostanza del peccato. Emblemi del male e della colpa originaria di Eva, oppure strumenti di forza, elementi portanti di un concetto di femminilità rivelato nella sua vera realtà e svincolato da qualsivoglia nozione o designazione di mancanza.
L’artista intesse un dialogo muto con la pietra, che da percettivo e descrittivo diviene introspettivo e affettivo: sono emanazioni del sé, concretizzazione di ricordi e pensieri, sogni, riconoscimento di parvenze quotidiane al contempo rassicuranti e stranianti, che si lasciano scoprire ed espongono la propria storia a tutto tondo, stimolando lo spettatore a girarci intorno, cercarne i nessi, toccarle e attraverso il tatto percepirne la levigatezza e quasi la morbidezza e il calore.
Creature vitali, viventi, pulsanti, definite “Anime”, in cui la convenzione di spazio e tempo viene superata dall’azione modificatrice dell’acqua e da quella generatrice dell’artista, che riveste del fascino incantatore della “pareidolia” la parvenza solida e al contempo percettibilmente delicata e preziosa delle sue opere.
Il movimento incessante che le caratterizza è dato dalla spiraliforme aggregazione delle figure che si contorcono avvolgendosi e insieme si districano per dipanarsi e chiarificarsi al nostro sguardo, acquisire un senso compiuto, tracciare le linee di un racconto per immagini che è dichiarazione di poetica, ricerca di un nesso logico-espressivo fra elementi apparentemente discordanti: ci sono mani e braccia che recuperano, assemblano, raccolgono come a voler ricostituire un’unità perduta, smarrita per sempre. E allo stesso tempo la volontà di lasciare andare, sciogliere i legacci dell’esperienza e donare, donarsi, abbandonandosi in uno svolgimento fluido verso l’esterno, che è anch’esso un portare fuori, concepire, dar origine a qualcosa di nuovo, liberandosi dalle armature indotte dalle sovrastrutture del passato.
Maria Palladino
(13/01/2018)

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